Metti una sera a cena quelli del Club Libera Impresa. Dopo due anni di stop a causa della pandemia finalmente il piacere di ritrovarsi in presenza. Una circostanza conquistata per rivivere l’esperienza della relazione che genera. Una dinamica di mutuo beneficio.
Martedì 20 luglio 2021. Nelle ore in cui Jeff Bezos, il guru di Amazon, volteggiava nello spazio quelli del Club Libera Impresa conquistavano il loro di spazio. Più piccolo, è con i piedi ben piantati per terra: una cena sociale dopo due anni di interruzione forzata causa l’ingresso sulla scena dell’ospite più inatteso e sgradito. È successo alle porte di Milano. Una trattoria all’aperto in quel di Robbiano di Mediglia, un respiro dalla ben più popolosa Melegnano. Realisticamente erano attese una trentina di persone come ha ammesso il presidente Ambrogio Beretta. Realisticamente ne sono arrivate più del doppio. Come dire, il gusto della variante umana. In una sera d’estate quando luglio è prossimo al congedo. Dunque, è stato il tempo di una nuova prima volta in presenza. D’accordo la formula del web club, ma vuoi mettere… Vedersi, parlarsi senza la mediazione tecnologica. Sguardi, volti, voci. La convenienza di un’amicizia che si prende il centro della scena come solo i gesti naturali, come direbbe il Gaber che non muore mai. Ecco, a lui, quello del barbera e champagne, sarebbe piaciuto questo ritrovarsi originale perché così normale; avrebbe curiosato alla ricerca del suo Riccardo, “il più simpatico che ci sia”.
L’effetto traino
Il canovaccio non prevedeva fluviali discorsi. L’Ambrogio, qualche minuto prima del via alla cena sociale, ha preso il microfono. Poche parole. Un pensiero come filo rosso. Sulla pedana di norma adibita a balera. Ed è così che è venuto in mente il titolo di un famoso e celebrato film di Bernardo Bertolucci, Io ballo da sola. Qui, semmai, proprio perché la relazione ha il sapore della conquista quotidiana, Io ballo con te. Insomma, nella vita si balla tutti i giorni. Con l’altro, con gli altri. Ma senza fughe in avanti, senza la formula dell’uomo solo al comando. “L’esperienza del Club è un’amicizia dove è molto interessante vedere l’altro che fa. E questo risulta trainante per noi. Racconta. Motiva. Perché vedi che l’amico imprenditore riesce e fa venire voglia. Suona come un moltiplicatore delle energie”, ha detto il Presidente. Ecco il gusto del ritrovarsi, il sale della relazione. “Mi è sempre più chiaro che il nostro non è solo il luogo che favorisce la contaminazione delle idee. C’è di più. C’è dell’altro. C’è la convenienza sensibile del sentirsi trainati nel cogliere l’altro che agisce. Che ti comunica quell’agire quotidiana. Un vero e proprio alimentatore sano di un sovrappiù”.
A ben vedere la storia del Club è quella di un gruppo che ha scoperto la pratica virtuosa del pedalare insieme. Appunto, del fare gruppo. “Le salite ci sono, la fatica si sente. Quante volte abbiamo ascoltato e visto amici in difficoltà? Perché non è che le cose vadano sempre per il verso giusto. Diversi hanno dovuto chiudere la propria attività, altri hanno dovuto superare ostacoli altissimi. Comunque persone, tutte, che non hanno mollato”. Già, perché il fallimento non è mai della persona. “La nostra amicizia vive della relazione con l’altro, un metodo che genera fatti insospettabili”. Già, quante volte negli incontri che hanno scandito il cammino del Club si è fatto largo questa novità che ogni volta colpisce. “Noi, lo abbiamo visto e vissuto, siamo in grado di realizzare sintesi straordinarie. A far prevalere una dinamica di mutuo beneficio. Una consapevolezza che si fa strada e si impone”. E il bello, il gustoso, il metodo umano è che nel Club circola, secondo il ritmo della libertà dell’io, tutta la vita senza separazione. “È vero, noi partiamo dal dettaglio confrontandoci in un ambiente libero. Dove il vissuto di ciascuno diventa una dinamica conveniente per tutti. Perché protagonista è la vita tutta intera. Che ci prende dentro e giudichiamo in modo unitario”. Ecco perché il ritrovarsi del Club è un’esperienza che costruisce. Che costruisce l’umano. “Se è così, e credo che lo sia, allora viva il nostro club”.
Cena, dopocena e note diffuse
Adesso giungeva il momento di mettere i piedi sotto i tavoli. La luna dal cielo bussava, si rifletteva nel piccolo laghetto, la luce rimaneva ancora alta. E la chiamano estate. Il via vai degli aeroplani in lontananza diceva che Linate era solo a qualche chilometro di distanza. Il più del doppio dei 30 pronosticati avviava così conversazioni informali. La presenza solo la presenza, verrebbe da aggiungere. In pratica stava avvenendo quanto Ambrogio aveva detto solo qualche minuto prima: la prossimità quale leva per curare il rapporto, per far lievitare la relazione, per rendere conveniente e profittevole la conversazione. Con la scoperta che ogni volta si aggiunge un pezzetto di conoscenza. Appunto un di più. Quella leva che moltiplica le energie…
La cena avanzava, la luce si allontanava, la luna imperversava senza darsi troppe arie. La bellezza è così: per lo più discreta. Si chiudeva la serata, la prima cena sociale insieme dopo tanto troppo tempo, ancora con voci e volti. Ma stavolta si trattava di canzoni. E a quel punto si materializzava la stagione degli evergreen. Che sarà che sarà e Io vagabondo che non sono altro. Ancora una porzione di festival dell’umano. L’unica variante che piace a quelli del Club Libera Impresa.