Stefano Colli Lanzi, Ceo di Gi Group, realtà leader a livello internazionale nei servizi per il lavoro, ospite dell’ultimo webinar del Club Libera Impresa. Un patrimonio di contenuti profittevole per tutti
In un tempo sghembo, a geometria irregolare per via di una vicenda epocale che ancora non molla la presa, assume vieppiù valore mettersi in ascolto pro attivo. È il valore indiscutibile dell’ascoltare partecipativo. Un metodo che il Club Libera Impresa frequenta con una certa soddisfazione. Puntualmente verificato nell’ultimo webinar dove ha potuto beneficiare di pensieri e parole di Stefano Colli Lanzi, fondatore e Ceo di Gi Group, realtà leader a livello internazionale nei servizi per il lavoro. Un racconto descrittivo di come si vede e quindi si muove un’impresa che Colli Lanzi definisce “una multinazionale light” nel contesto globale fortemente caratterizzato da cambiamenti repentini, da fenomeni disruptive. Un racconto scandito da informazioni, riflessioni, tendenze. E qualche confidenza in più. Un patrimonio di contenuti profittevole per tutti.
Sei acquisizioni durante la pandemia
La fotografia di questa impresa dice di una presenza significativa in 29 Paesi (occupa stabilmente i primi dieci posti in tutti quei contesti), quasi tutta l’Europa presidiata, in Brasile al vertice del mercato. In Cina e India il brand è assai familiare. Nei piani l’ingresso negli Usa e in Giappone, sed cum juicio. Fatturato in continua crescita: quest’anno chiuderà a 3 miliardi e mezzo. L’anno precedente circa 2 miliardi e mezzo. Nel 2024 l’obiettivo realistico parla di 6 miliardi. Nella lunga stagione dei mutamenti ad alto tasso di viscosità – per l’appunto sghembi – il gruppo “non ha frenato il proprio trend di crescita. La frenata transitoria non ha inibito il nostro progressivo e veloce recupero. Per dire, nel 2020 abbiamo portato a termine sei acquisizioni. Non abbiamo subìto la situazione della pandemia traducendola in opportunità di crescita”.
Siamo dentro una stagione marcata da cambiamenti che determinano nuovi approcci culturali. L’innovazione tecnologica verrà sempre più a incidere nel mercato del lavoro. Le competenze faranno la differenza. Tuttavia le domande di fondo andranno sempre alimentate per vivere con visione, missione e strategia il proprio essere imprenditori. “Certo, l’evoluzione tecnologica in atto contiene potenzialità tali che si fa fatica anche solo a immaginare. E si tratta di un trend che prescinde dalla fase up and down dovuta al Covid. Davanti a questo scenario denso di interrogativi diventa complicato disegnare con certezza la relazione che intercorre tra gli uomini con le proprie professionalità e la fase disruptive a forte intensità tecnologica. Lo sfruttamento di quel potenziale appare in larga misura inespresso. Noi oggi leggiamo il mercato del lavoro così: da una parte una proliferazione enorme di servizi, di proposte, di start up sulla parte alta della catena del valore; mentre sulla parte bassa vi è sempre di più un livello di concentrazione. Gi Group punta a essere uno dei pochissimi player nel mondo a occupare l’area dell’infrastruttura di base pur avendo deciso di strutturarci per avviare un’unità di venture capital che investa con regolarità in start up a marcata vocazione tech. Si tratta di un investimento che intendiamo fare per sperimentare dall’interno alcuni tentativi di nuovi servizi e per decidere poi se e cosa eventualmente far rientrare nel nostro perimetro”.
Come leggere i cambiamenti
Sintonizzarsi con la complessità e coglierne i messaggi che lancia richiede all’imprenditore un percorso di affinamento conoscitivo. Colli Lanzi, durante il Covid ha dedicato una porzione del suo tempo alla formazione. Risultato: qualche idea e nuovi stimoli. Per mantenere la promessa della cura dei propri stakeholder e “proseguire a collocare al centro del nostro essere e fare impresa il tema decisivo, vero e proprio punto discriminante, della sostenibilità”. La cultura del lavoro è un processo, è la continua verifica della mission, una presa in carico quotidiana delle urgenze e delle sollecitazioni che provengono dal mercato. Sempre avendo chiaro che il cuore di un’impresa relazionale e sostenibile sono le persone. “Il fattore di differenziazione è quello di non subire l’evoluzione del mercato del lavoro, ma essere protagonisti delle trasformazioni in atto”. Così facendo si chiarisce meglio la strategia, passaggio fondamentale: “I cambiamenti occorre leggerli con molta attenzione per comprendere quale tipo di impatto producono, non solo sul breve periodo ma anche sui trend di medio e lungo termine. Non mostrare chiarezza sulla direzione che si intende perseguire significa essere in balìa dei profondi cambiamenti in atto. Come questa fase dimostra”. Dunque, da un lato urge manifestare una grande apertura, “un interesse quasi maniacale alla realtà per cercare di capire, tendenzialmente prima e non dopo, l’impatto delle situazioni che si vanno a generare; dall’altro farle interagire con la propria ipotesi di lavoro continuamente verificata nell’osservazione e nel dialogo con le scoperte che si fanno degli eventi che accadono. Si tratta di un procedere curioso, conoscitivo, razionale. Pro attivo e non reattivo. Durante la pandemia abbiamo investito molto su questo metodo. Con ritorni importanti. Le sei acquisizioni fatte nel periodo Covid dicono proprio questo. Nessun passo indietro. Piuttosto la forza di attaccare quando il rischio è quello fermarsi, stare in difesa, in attesa che la nottata abbia a passare. Per Gi Group si è trattato di un’esperienza nuova rispetto ad altri momenti di crisi attraversati in passato. Davanti a quel che stava accadendo con il Covid non avrebbe avuto senso cedere all’insidia dell’isteria, quella che ti fa continuamente cambiare corsia alla ricerca di una velocità impossibile da raggiungere viste le condizioni del traffico. E quindi un modo di procedere insensato e infruttuoso perché retto da un’assenza di strategia”.
Un’azienda sostenibile e inclusiva
Anche Colli Lanzi ha il suo sogno da rendere un fatto: “Attraverso i nostri servizi vorremmo rendere questo mercato del lavoro più sostenibile, più inclusivo, più capace di generare valore senza generare disvalore. Senza pregiudicare possibilità future per la rincorsa a generarle nel presente. Creare un valore autentico, stabile, totale”. Uno sguardo che attualizza, nel contesto di una visione imprenditoriale che non potrebbe distanziarsi dalla propria umanità, la definizione internazionalmente condivisa di sviluppo sostenibile (Rapporto Brundtland, 1987) dove si dice che è fondamentale che “il soddisfacimento dei bisogni della presente generazione non comprometta la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”. E nel tragitto della sostenibilità, che chiama in causa il principio di responsabilità prima di tutto personale, Colli Lanzi ritiene che muoversi all’interno di questa prospettiva contribuisce in misura determinante a rendere gli ambienti di lavoro più piacevoli, armonici, anche divertenti. Un inno alla leggerezza in un mondo del lavoro che si mostra “burocratico, conflittuale, pesante, oltremodo legalista”.
Imparare dagli errori
Dopo 23 anni di attività Colli Lanzi si sente più sicuro di dove la sua azienda vuole andare. Assecondando e tenendo viva la barra della vision che gli appartiene, com’è giusto che sia, in quanto imprenditore. Una vision che è una finestra aperta. Uno sguardo motivato a capire con maggiore consapevolezza quel che succede. Il che ha una ricaduta virtuosa nella strategia e nella valorizzazione del capitale umano. Ma questo percorso di crescita sostenibile “è avvenuto e passa attraverso gli errori. Farne esperienza è sempre una grande occasione per imparare. Si lavora imparando anche dagli errori. Si torna a considerarli, a rielaborarli, a comprenderli. Questo metodo è una scoperta. Infatti, imparare dagli errori non vuol dire ripeterli. È la stessa dinamica della vita. Si scopre per fare un passo in avanti. E il tempo è prezioso proprio perché ti consente di scoprire. È così per tutto. Fino agli affetti più cari, le cose più intime che vivo nel rapporto con mia moglie, i miei figli. Insomma, è impressionante come qualsiasi aspetto della realtà può diventare sfida per scoprire nuove frontiere. Per andare oltre le colonne d’Ercole”.
Le persone (insieme) al centro
Inevitabile domandare al Ceo di Gi Group dove poggi storicamente il punto di forza dell’azienda. “Sono le persone. Normalmente nelle realtà imprenditoriali che si occupano di servizi sono tre le dinamiche fondamentali: le persone, i processi, le tecnologie. Sulle tecnologie siamo naturalmente dei follower, non dei pionieri. Pur dentro la domanda di digitalizzazione che ci vede fortemente coinvolti. Diciamo che il Covid ha accelerato questo percorso. Sui processi siamo italiani e quindi americani, svizzeri e olandesi sono più avanti di noi. In ogni caso abbiamo anche noi una cultura del processo, della sistematicità tipica del Nord Europa. In questo modo ci siamo allineati ai competitor anche se non siamo davanti a loro. E eccoci alle persone. Qui, rispetto ai competitor facciamo la differenza. L’azienda è un gruppo di persone dove è determinante capire insieme cosa vogliamo fare. Insieme è la parola chiave. Perché la singola persona, per quanto di livello, se si pensa da sola o viene lasciata da sola alla lunga non è decisiva per raggiungere lo scopo. È l’insieme che valorizza la persona. Ed è la condivisione dello scopo che fa la grande differenza. Mi è sempre più evidente che le persone devono imparare a lavorare insieme. È la comunanza dello scopo che le tiene insieme. Ecco perché è decisivo trovare le persone giuste per le strategie che si intende adottare. Persone competenti, appassionate, aperte alla conoscenza. In tal senso noi abbiamo una storia precisa: per Gi Group la persona conta tantissimo. E la qualità della persona si esprime al meglio quando si combina a fattori che la valorizzino. E per incrementare l’aspetto relazionale, io dialogo con tutti, dai manager allo stagista. A me interessa il rapporto diretto con ciascuna persona che lavora in GiGroup. Coltivo la vision, ma dal punto di vista operativo ho imparato nel tempo a delegare. Passaggio non facile, ma determinante. Ad esempio ho lasciato la carica di Country Manager Italia. Mai scelta si è rivelata più saggia. Anche questo contribuisce a dare slancio, ad accelerare con giudizio. E questo distacco mi ha permesso, paradossalmente, di essere più dentro al Gruppo. Concentrandomi sulla visione e sulla missione. E condividendo la strategia con il team dei manager. Ma anche a ipotizzare iniziative di sostegno finanziario ad attività che lo meritino con la Holding della mia famiglia.
Come si accende la produzione di risultati
Una realtà di servizi è chiamata a rispondere al bisogno degli altri. Tener viva la mission che accompagna Gi Group dagli esordi è il punto. “Per riuscirci è un lavoro continuo. E questo ti provoca ad approfondire lo scopo. Mentre la strategia è la modalità attraverso cui pensi di poterlo realizzare. Però mai rischiando oltre misura, mai mettendo a repentaglio il destino della tua azienda. Oggi, dopo 23 anni, mi sento più sicuro di dove l’azienda vuole andare. Perché la focalizzazione sui punti giusti accende in modo clamoroso la produzione di risultati”. Quando becchi il nervo giusto, via…